Che cos’è il sesso? Apparentemente è una domanda sciocca: tutti sappiamo cos’è il sesso. In realtà le parole “sesso” e “sessualità” vengono utilizzate in molti contesti e con significati diversi. Nei documenti di identità sappiamo che la casella relativa al sesso ci chiede di specificare se siamo maschi o femmine, ma quando tra amici diciamo “mi piace il sesso” di sicuro non intendiamo la stessa cosa. Nei giornali talvolta si legge che gli omosessuali sono “il terzo sesso”. Ma allora i sessi sono 2, 3 o ce ne sono anche di più? E in base a cosa si decide di essere maschi o femmine? E quando lo decidiamo?

Per rispondere a queste domande è necessario tener presente che la sessualità è costituita da 5 distinte componenti: il sesso biologico, l’identità di genere, il ruolo di genere, l’orientamento sessuale e il comportamento sessuale. In questo primo post approfondiremo le prime due.

Il sesso biologico

Il sesso biologico si riferisce alla caratterizzazione sessuale dal punto di vista organico. È sostanzialmente quello che vedi allo specchio. Ma, come spesso accade, “l’essenziale è invisibile agli occhi”: ciò che determina maggiormente il sesso biologico sono la 23esima coppia di cromosomi (XX nelle femmine e XY nei maschi) e gli organi riproduttivi interni.

Possiamo quindi distinguere tre differenti sottodimensioni: sesso genotipico (XX o XY), gonadico (ovaie o testicoli e caratteristiche sessuali primarie) e fenotipico (genitali esterni e caratteristiche sessuali secondarie). In questa fase inizia anche la differenziazione sessuale del cervello detta “dimorfismo cerebrale sessuale”. Inizia ora, mentre siamo ancora nell’utero materno, ma si definirà lungo tutto il percorso evolutivo.

La differenziazione sessuale, in sintesi, si svolge in tre tappe fondamentali

  1. nel concepimento i cromosomi (XX o XY) stabiliscono l’appartenenza al sesso maschile e al sesso femminile;
  2. tra la 4a-5a settimana e il terzo mese, l’azione del gene SRY e del gene TDF contenuti nel cromosoma Y fa sì che il feto si indirizzi verso il sesso maschile e avvenga la trasformazione delle gonadi bipotenziali in testicoli. In assenza del cromosoma Y o in caso di anomalie specifiche, la differenziazione sessuale avviene in senso femminile. Ciò significa che se non intervenissero questi due geni il “programma di default” sarebbe quello femminile, anche se si ha il cromosoma XY; ci sono casi di intersessualità in cui questo accade, e non sono neppure tanto rari;
  3. intorno al quarto-quinto mese si completa la differenziazione fenotipica, per cui nell’ecografia possiamo già vedere i genitali esterni. La comparsa dei caratteri sessuali secondari (struttura muscoloscheletrica, peluria, tono della voce etc.) avverrà invece nella pubertà, quando ci sarà il secondo picco ormonale.

L’identità di genere

L’identità di genere è la percezione individuale di essere maschio o femmina. In pratica è la risposta che un individuo si dà alla domanda: sono un uomo o una donna? Il bambino è capace di rispondere a questa domanda solo intorno ai 20 mesi, quando ha superato lo “stadio dello specchio”, cioè è capace di riconoscere la sua immagine riflessa nello specchio.

Infatti per rispondere alla domanda “sono un maschio o una femmina?” basta guardarsi allo specchio, direte voi. In effetti è così: l’identità di genere è quasi sempre determinata dal proprio sesso biologico, anche se si possono riscontrare casi in cui un bambino si percepisce come donna o una bambina si percepisce come uomo (disforia di genere).

Identità di genere: una conquista

La conquista dell’identità di genere il bambino se la deve sudare! Non è un processo così semplice. Innanzitutto deve avere ben chiaro cosa significa “maschio” e “femmina” (schema di genere). Già facciamo fatica noi adulti a capirlo, figuratevi un bambino che fino ai 12 mesi se gli nascondi un oggetto pensa che non esiste più!

I bambini fino ai 3-5 anni tendono a identificare le caratteristiche esterne con il genere: capelli lunghi, borsetta e gonna = femmina; barba, sigaro e pantaloni = maschio. Un uomo con i capelli lunghi o con la borsa o una donna che fuma il sigaro li mette in crisi. C’è anche un altro problema per il bambino: la “costanza di genere”. Durante i primi anni infatti il bambino alcune volte dice di essere un maschio, altre una femmina. Se gli chiedi come sarà da grande risponderà talvolta “come papà” altre volte “come mamma”.

Se voi che state leggendo avete un bambino non allarmatevi! Per il bambino la formazione di schemi cognitivi stabili e resistenti al cambiamento è una conquista graduale. Le sue affermazioni vanno interpretate come un voler somigliare alla mamma o al papà (molto spesso le mogli sbottano contro il marito dicendo: sei tutto tua madre! ma non significa che hanno dubbi sull’orientamento di genere del marito).

Talvolta un gioco è solo un gioco

Lo stesso vale per il gioco infantile: se il bambino si veste con la gonna e le scarpe coi tacchi della mamma o una bambina finge di radersi la barba non è un problema di identità sessuale, ma solo la naturale curiosità e desiderio di sperimentazione tipica di quell’età. Tra l’altro, è molto probabile che anche voi papà abbiate giocato con una bambola o vi siate impiastricciati con i trucchi della mamma. Non ve lo ricordate perché fino a 3 anni circa la nostra memoria autobiografica non è in funzione, ma se interrogate vostra madre o le vostre zie potreste avere qualche sorpresa.

La dimensione dell’identità di genere è un processo che diventa definitivo con l’uscita dall’adolescenza. In realtà l’identità è una componente in continua negoziazione lungo tutto l’arco di vita, ma riguardo al sesso con la pubertà i giochi sono fatti.

Da cosa è determinato il percepirsi come maschio o come femmina?

Innanzitutto, abbiamo detto, dal sesso biologico. Ma giocano un ruolo importantissimo anche i genitori, che per il bambino sono il prototipo del maschile e del femminile. I loro comportamenti, le loro attese, i loro schemi relativi alla sessualità influenzano la costruzione dell’identità sessuale del bambino. Comunque tranquilli, genitori: non siete gli unici maschi e femmine che il bambino vede in vita sua; la responsabilità non sta tutta sulle vostre spalle.

Con il passare degli anni, infatti, è sempre più importante per il bambino l’apprendimento sociale attraverso l’autosocializzazione, cioè il rapporto con i fratellini, i cuginetti e gli amichetti.

Ecco perché per il bambino è una vera e propria fatica conquistare l’identità sessuale: per costruirsela deve mettere in atto tutti questi processi e tenere conto di tutti gli stimoli che ha intorno. Quindi se avete figli niente panico e cercate di capire ciò che vi vogliono comunicare. Se non avete figli, considerate quanto sia complesso in realtà quello che definiamo “solo sesso”.


dr Christian Giordano

Psicologo Psicoterapeuta, mi occupo principalmente di terapia di Coppia e terapia Sessuale. Esperto in psicodiagnosi e grafologia. Appassionato di saggistica, neuroscienze e letteratura, in particolare filosofia, narrativa, fantascienza e fantasy. Linux user. → Scrivimi per info e consulenze private in studio e via Skype.