Si convive, ci si sposa, si costruisce una famiglia insieme e poi un giorno ti svegli e non sai più chi è la persona che ti dorme accanto. Com’è possibile passare mesi, anni, perfino decenni accanto ad una persona senza riuscire a conoscerla veramente?

Uno degli aspetti che mi ha colpito di più nel film “Le fate ignoranti” di Ferzan Özpetek è la sorpresa di Antonia (Margherita Buy) quando scopre tanti piccoli aspetti della vita del marito che ignorava completamente, sintetizzati nella ricetta delle polpette con la mela.

La solitudine del letto matrimoniale spesso è dovuta a un tacito accordo tra i partner: entrambi sono spaventati dall’idea di diventare intimi e fanno di tutto per evitarlo. Ci si inizia a frequentare mostrando solo alcuni aspetti di sé; ci si fidanza senza mai rivelare chi si è veramente al partner; ci si sposa con una persona che conosciamo meno di tante nostre amiche e dalla quale ci siamo fatti conoscere solo in superficie.

Si divide lo stesso letto per anni, custodendo gelosamente le proprie paure e le proprie aspirazioni, senza mai condividerle. In questo caso il “risveglio” accanto a uno sconosciuto è la presa di coscienza (insight) di una intimità che non c’è mai stata.

Giorno dopo giorno, mattone dopo mattone, la coppia si ritrova divisa da un muro di silenzio invalicabile

Lo stratagemma del “figlio-muro”

Esiste anche una solitudine del letto matrimoniale che parte da una iniziale intimità e poi giorno dopo giorno, mattone dopo mattone, la coppia si ritrova divisa da un muro di silenzio invalicabile. Ogni coppia ha la propria storia: i motivi, i tempi e i modi con cui viene innalzata questa muraglia sono diversi per ogni coppia. L’intimità non è un oggetto che, una volta acquistato, ci appartiene per sempre: è un processo continuo, un po’ come la dinamo di una bicicletta: più si pedala più la luce diventa intensa. Ma se si smette di pedalare, l’intimità svanisce e veniamo avvolti dal buio.

Una dinamica abbastanza diffusa è quella del “figlio-muro”. L’intimità iniziale non viene coltivata e con la convivenza (ma spesso anche prima) si iniziano a dare per scontati l’affetto, i pensieri e la presenza dell’altro. A questo punto, sentendo i primi scricchiolii della relazione, i partner decidono di fare un figlio. La nascita di un bambino in una coppia disfuzionale ha molti vantaggi:

  • è una buona scusa per non fare più sesso o per farlo raramente;
  • il bambino diventa l’argomento principale e spesso l’unico argomento di cui i due partner parlano;
  • il tempo (le giornate, i mesi, gli anni a venire) viene scandito in base ai ritmi del bambino, evitando alla coppia di avere una progettualità;
  • dato che il ruolo di “partner” o di “sposi” non funzionava più, i due possono vestire quelli di “genitori”;
  • l’affetto che lui e lei non ricevono più dal partner lo chiedono al bambino.

Quest’ultimo punto trasforma un dramma di coppia in una tragedia familiare: non solo i due adulti scelgono di vivere una vita infelice ma decidono anche di rendere infelice (e talvolta patologica) la vita del bambino. Ma sull’argomento del “figlio riparatore” tornerò in un prossimo articolo, se vi interessa. Ora mi preme sottolineare come il figlio-muro al massimo consente di rimandare di qualche anno il momento in cui i due si accorgono di essere estranei. Con la complicazione che se a 25-30 anni è più semplice riprendere il cammino dell’intimità e della scoperta dell’altro, a 60-70 anni è ancora possibile, certo, ma è molto più difficile e doloroso.

Come evitare “la solitudine del letto matrimoniale”?

L’unico antidoto alla “solitudine del letto matrimoniale” è l’intimità. L’intimità è composta da una parte dal desiderio di condivisione e dall’altra dalla chiarezza nel comunicare ciò che abbiamo nel cuore e nella mente. Decidere di amare, voler condividere la propria vita con l’altro è una scelta assolutamente personale, nessuno può offrire ricette in proposito. Riguardo invece alla capacità di comunicare in modo corretto questo amore, la psicologia può dire qualcosa.

Ciascuno dei due partner si trova ad affrontare le paure che gli impediscono di godere dell’intimità: abdicare il ruolo di coppia per quello di genitore non fa che peggiorare le cose, sia per la coppia che per il bambino. Le alternative però non sono solo o il “figlio-muro” o la separazione. Il compito dello psicologo è quello di aiutarvi a far emergere le numerosissime alternative che non vedete.

Spesso si perde l’intimità (col partner, ma anche con i familiari, gli amici etc.) perché non ci si sa relazionare con gli altri, oppure perché si ha una stima troppo alta o troppo bassa di sé, perché a causa di ferite passate tendiamo a vedere solo il lato peggiore delle cose e delle persone, perché abbiamo troppa paura di perdere l’altro per donarci a lui in modo autentico etc.

In conclusione

Lo psicologo non può sostituirsi all’individuo nella scelta di iniziare, proseguire, recidere o rinnovare una relazione di coppia. Le difficoltà di coppia, tuttavia, sono spesso radicate nella storia relazionale della persona, in come ha vissuto i suoi rapporti interpersonali in passato e sul tipo di modello adulto ha appreso negli anni dello sviluppo.

Per usare una metafora, lo psicologo non può piantare il bulbo dell’amore nel vostro cuore o nel cuore del vostro partner, ma può aiutarvi a innaffiarlo e a coltivarlo in modo che fiorisca in tutta la sua bellezza. La scelta di amare e di lasciarvi amare, invece, spetta solo a voi.


dr Christian Giordano

Psicologo Psicoterapeuta, mi occupo principalmente di terapia di Coppia e terapia Sessuale. Esperto in psicodiagnosi e grafologia. Appassionato di saggistica, neuroscienze e letteratura, in particolare filosofia, narrativa, fantascienza e fantasy. Linux user. → Scrivimi per info e consulenze private in studio e via Skype.