Un uomo alcoolizzato investe un bambino che torna da scuola. Una mamma troppo ubriaca per curarsi dei pianto di suo figlio di pochi mesi, fino a lasciarlo morire nella culla. Tre ragazze “bevute” che si lasciano derubare, maltrattare e violentare in una discoteca a Barcellona. Ragazzi sbronzi che escono dai locali alle 5 del mattino e si schiantano sulla macchina di lavoratori e lavoratrici che hanno avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Ne leggiamo ogni giorno di storie così. Abbiamo tutti un parente, un amico, un collega, un vicino di casa che è morto per l’alcool.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ci dice che l’alcoolismo è una delle principali cause di morte in Europa. L’Italia non è al livello di Romania e della Svezia, ma a quanto sembra stiamo rimontando velocemente: 1 ragazzo su 3 sotto i 16 anni consuma abitualmente alcool. Superalcolici, perlopiù.

Questi dati sono noti a tutti, ma raramente vengono presi in considerazione dalle tv, dai politici o dai giornali. L’alcoolismo in Italia è un problema conosciuto ma non percepito.

C’è però un dato di cui si parla ancora meno, anzi, del quale non si parla per niente. Ed è il fatto che il consumo di prodotti alcolici

«produce danni non solo al bevitore ma anche alle famiglie e al contesto sociale allargato, in quanto può indurre comportamenti violenti, abusi, abbandoni, perdite di opportunità sociali, incapacità di costruire legami affettivi e relazioni stabili, invalidità, incidenti sul lavoro e sulla strada» (epicentro)

Essere figli di un genitore alcoolizzato provoca delle ferite psicologiche molto profonde, in cui si intrecciano la sensazione di allarme continuo dovuto all’imprevedibilità (“tornerà a casa ubriaco e violento? o sarà sobrio ed affabile?”) e il risentimento per un’infanzia negata: i figli degli alcoolizzati devono crescere in fretta, devono prendersi cura del genitore malato, non possono permettersi il lusso di essere bambini.

Chi ha avuto un padre o una mamma alcoolizzata (sono moltissime le donne che bevono in Italia, anche se la nostra cultura non vuole ammetterlo e preferisce minimizzare) anche da adulto sarà alla costante ricerca di quella protezione, sostegno e sicurezza di cui aveva bisogno da bambino e che non ha mai ricevuto.

Oltre ad odiare il genitore che l’ha terrorizzato da bambino, il figlio di un alcoolizzato sviluppa un forte rancore anche nei confronti dell’altro genitore, che spesso non lo ha difeso dai comportamenti violenti del coniuge o, addirittura, lo ha quotidianamente colpevolizzato e represso: «Non puoi avercela con tua madre/tuo padre: non vedi che è malata/o?». Molti pazienti si danno il permesso di sentire la rabbia verso i genitori solo quando arrivano nello spazio della psicoterapia.

Ciò accade perché non solo la società preferisce voltare la faccia e non vedere il fenomeno dell’alcoolismo – e anche quando se ne occupa ignora completamente i figli degli alcoolizzati – ma anche perché, come spesso accade, chi è stato vittima dell’alcool si sente in qualche modo colpevole dell’inferno che ha vissuto, la vergogna impedisce per anni – a volte per tutta la vita – di condividere con altri questa sofferenza e di chiedere aiuto, condannando i figli degli alcoolizzati alla solitudine anche quando hanno molti amici.


dr Christian Giordano

Psicologo Psicoterapeuta, mi occupo principalmente di terapia di Coppia e terapia Sessuale. Esperto in psicodiagnosi e grafologia. Appassionato di saggistica, neuroscienze e letteratura, in particolare filosofia, narrativa, fantascienza e fantasy. Linux user. → Scrivimi per info e consulenze private in studio e via Skype.