Abbiamo mille modi per poter comunicare ma non sappiamo più cosa dirci. All’aumento esponenziale di mezzi di comunicazione corrisponde una drastica diminuzione della cultura e dell’alfabetizzazione (Tullio De Mauro). Tutta colpa di Facebook e Twitter? (Michele Serra)

Il 70% di quelli che hanno aperto questa pagina si è fermato al titolo e non è riuscito a capire neppure l’incipit (Corriere). Quasi il 95% ha saltato a piè pari i 3 link di approfondimento (e forse non si è nemmeno accorto che ci sono 3 link). Se, cioè, invece di una pagina di ipertesto fosse stata una pergamena del ‘200 per loro sarebbe stato lo stesso.

De Mauro sull’analfabetismo di ritorno
Michele Serra – Perché dico che sono pochi i 140 caratteri di Twitter
Sette italiani su dieci non capiscono la lingua

…e venne Twitter che morse Facebook che si mangiò la foto che Instagram al mercato comprò

In principio era Facebook, the social network, dove si poteva scrivere e commentare illimitatamente.
Poi è venuto Twitter: se non riesci a dirlo in 140 caratteri significa che non vale la pena scriverlo.
Infine Pinterest e Instagram: se un’immagine vale più di mille parole, è inutile usare le parole.

In realtà l’analisi è molto più complessa. Il vero “peccato originale” secondo me sta nel “mi piace” di Facebook, che non è il male assoluto, ma ci si avvicina parecchio (ne parlerò in un prossimo articolo).

La verità è che anche su Facebook la quasi totalità dei commenti si riduce a una decina di parole. Quasi sempre le stesse: gli italiani utilizzano ormai un vocabolario che può stare tutto su un biglietto dell’autobus. Su Twitter la maggior parte delle interazioni si riduce a esclamazioni, link di qualche articolo/video, foto da Instagram o hashtag lunghissimi tipo: #perchécredochesutwitterlacomunicazionesiaefficace.

L’abbaglio del marketing pubblicitario

Esprimersi per aforismi non è un modo efficace di comunicare – a meno che non viviate in un teepee a gambe incrociate fumando calumet concludendo ogni frase con “Augh. Ho detto”. Ma neppure dire ogni cosa in mezza giornata come in una perenne entaconsulta.

Spesso sui media viene ripetuta questa domanda:

Meglio essere sintetici o argomentare?

Io sono convinto che qualsiasi risposta date sarà una risposta stupida. Perché è la domanda ad essere stupida.
La maggior parte della gente risponde di getto: chi dice che troppa sintesi impoverisce il confronto, chi dice che se scrivi troppo poi nessuno ti legge… Ma prima di rispondere, bisognerebbe chiedersi: è meglio o peggio rispetto a cosa? E in quale contesto? Riguardo a quale argomento?

Credo che il problema (in gran parte è colpa di noi psicologi) derivi dall’aver generalizzato acriticamente le teorie della comunicazione che funzionano nel mondo del marketing e delle aziende all’intero universo della comunicazione.
Mi spiego: per convincere qualcuno che il tuo caffè è più buono degli altri senza farglielo assaggiare o per pubblicizzare l’ennesimo modello di automobile che può andare a 500 km/h (anche se poi passerai tutto il tempo alla guida imbottigliato a 20 km/h come con una qualsiasi Panda) basta un’immagine, un colore, una parola evocativa. Basta, cioè, stimolare i circuiti più “primitivi”, alogici e viscerali.

Parlare di argomenti complessi richiede che si attivino, invece, non solo queste capacità (per ragionare occorre usare le viscere: solo Mr. Spock poteva permettersi il lusso di non farlo) ma anche le facoltà cognitive, le quali sono state definite la “via lenta”.

L’esempio del padre che ammazza la figlioletta nascosta nell’armadio fatto da Daniel Goleman è abbastanza efficace per capire che l’intelligenza emotiva è importante, sì, ma non è un assoluto, esattamente come il “ragionamento freddo”, che è un falso storico ormai acclarato.

In conclusione

Se siete giunti a leggere fino a qui significa che sapete distinguere i contesti in cui “una parola è poco due sono troppe” e i contesti in cui invece è bello e utile mettersi a sedere, ragionare, farsi una chiacchierata piena di fatti e di colori e, perché no, concedersi anche il lusso di lunghe pause di silenzio.

– Tua suocera Sandra non doveva sposare me, lei era fidanzata con un altro
– Non lo sapevo!
– Non te l’ha raccontato Will? Ah, ma forse è meglio così. Te l’avrebbe raccontato male comunque. Magari tanti fatti e niente colori.
– Oooh. Allora è una lunga leggenda!
– Beh, certo. Breve non è.

(dal film di Tim Burton “Big Fish. Le avventure di una vita incredibile”)

dr Christian Giordano

Psicologo Psicoterapeuta, mi occupo principalmente di terapia di Coppia e terapia Sessuale. Esperto in psicodiagnosi e grafologia. Appassionato di saggistica, neuroscienze e letteratura, in particolare filosofia, narrativa, fantascienza e fantasy. Linux user. → Scrivimi per info e consulenze private in studio e via Skype.