La prima convocazione per le elezioni dell’Ordine del Lazio è finta.
Ecco gli indizi incontrovertibili che si tratta di una “convocazione da condominio”:
- una sola data (23 novembre)
- di lunedì
- dalle 9.00 alle 17.00 (ma perché, gli psicologi non lavorano? e perché mezza giornata?)
La seconda convocazione, invece,
- tre date (10-11 e 12 gennaio)
- nel week-end (venerdì, sabato e domenica)
- dalle 9.00 alle 22.00
Ma perché fare una convocazione finta?
Ho detto che è come una convocazione condominiale? Chiedo scusa, mi sono sbagliato. È molto, molto peggio. Perché per il condominio bisogna essere il 50%+1 o i 2/3. Per la votazione degli psicologi invece
«in prima convocazione il quorum è raggiunto qualora abbiano votato almeno n. 5.648 elettori, pari a un terzo degli aventi diritto (ai sensi dell’art. 20, comma 11, legge 56/89)»
Chi lavora all’Ordine già sa che vota meno di 1 psicologo su 3. E cosa fa? Ha cercato in questi anni di rimediare alla situazione? Ha facilitato l’espressione del voto? Ha coinvolto attivamente i colleghi per renderli più partecipi?
No. Convoca una votazione fasulla e punta direttamente alla seconda. Già, perché alla seconda convocazione bastano 1/6 dei votanti per raggiungere il quorum.
2.800 elettori su 17.000.
Io credo sia una grave sconfitta che solo uno psicologo su sei si interessi della vita dell’Ordine. È una sconfitta dell’Ordine, innanzitutto, ed è una sconfitta di noi professionisti.
Non è un caso che non riusciamo ad ottenere praticamente nulla dal comune, dalle istituzioni regionali e nazionali. Per battere i pugni bisogna averli, i pugni. Noi abbiamo tante dita sparse come nel gioco dello shanghai.
I numero sono spietati. Non possiamo far finta di niente o attribuire la colpa agli altri. Siamo psicologi, non magistrati o sacerdoti. A noi non importa la colpa. Importa la causa. È ora che ci mettiamo a riflettere sul perché si è giunti a questa disaffezione, perché non riusciamo ad applicare il problem solving ai nostri problem, perché dissipiamo tempo, energie e denaro in azioni inutili e spesso autolesive per la nostra professione. È ora che si dia una virata decisa a questa tendenza, riportando tutti i professionisti a interessarsi della propria professione.
Vi lascio con due interrogativi:
- Se non ci curiamo noi dei nostri interessi, chi altro li curerà al posto nostro?
- Se noi siamo i primi a trascurarci, come possiamo lamentarci se il mondo della sanità e della cultura ci marginalizza?
Pensateci. E poi agite.