Prosegue l’analisi delle differenze tra il nuovo DSM 5 e l’edizione IV-TR. Nella sezione relativa alla modulazione dell’umore troviamo alcuni cambiamenti agli algoritmi diagnostici delle principali etichette e due nuove denominazioni: il Disturbo da disforia premestruale (PDD) e il Disturbo di disregolazione dirompente dell’umore (DMDD). Nessuna diagnosi specifica per il Lutto complicato o il Dolore complicato.

1.2 Section II: diagnostic criteria and codes
1.2.1 Neurodevelopmental disorders
1.2.2 Schizophrenia spectrum and other psychotic disorders
1.2.3 Bipolar and related disorders
1.2.4 Depressive disorders

1.2.5 Anxiety disorders
1.2.6 Obsessive-compulsive and related disorders
1.2.7 Trauma- and stressor-related disorders
1.2.8 Dissociative disorders
1.2.9 Somatic symptom and related disorders
1.2.10 Feeding and eating disorders
1.2.11 Sleep–wake disorders
1.2.12 Sexual dysfunctions
1.2.13 Gender dysphoria
1.2.14 Disruptive, impulse-control, and conduct disorders
1.2.15 Substance-related and addictive disorders
1.2.16 Neurocognitive disorders
1.2.17 Paraphilic disorders
1.2.18 Personality disorders


Nel DSM-5 i disturbi depressivi e quelli bipolari non vengono più inclusi in un’unica categoria (“Disturbi dell’Umore). Per entrambi sono stati forniti due “identificatori” (specifiers): “con caratteristiche miste” e “con stress e angoscia“.

Gli identificatori non sono veri e propri criteri ma permettono di rendere ragione sia di episodi maniacali in diagnosi unipolari sia di tener conto della dimensione ansiosa nei pazienti bipolari o depressi.

1.2.3 Disturbi Bipolari e correlati

Nella nuova versione è stato migliorato l’algoritmo diagnostico degli episodi maniacali e ipomaniacali grazie all’indicazione di valutare le variazioni di livello energetico e di umore.

Non ci sono cambiamenti particolari nella diagnosi di Bipolare I e Bipolare II. Quello che nel DSM-IV-TR si chiamava “Disturbo Bipolare Episodio Misto” è stato eliminato e sostituito dall’identificatore che ho citato sopra.
Il Disturbo Bipolare NAS (Non Altrimenti Specificato) si chiama ora NED (Non Definito Altrove – Not Elsewhere Defined) ma sostanzialmente non cambia nulla.

1.2.4 Disturbi depressivi

In questa categoria sono stati inclusi i seguenti disturbi psicologici: Substance/Medication-induced Depressive Disorder, Disruptive Mood Dysregulation Disorder, Major Depressive Disorder (single and recurrent episodes), Persistent Depressive Disorder (Dysthymia), Premenstrual Dysphoric Disorder, Other Specified Depressive Disorder, Unspecified Depressive Disorder.

Le principali novità riguardano l’introduzione di due “nuovi” disturbi: il Disturbo Dirompente da Disregolazione dell’Umore e il Disturbo Disforico Premestruale. Sui criteri della Depressione Maggiore mi soffermerò alla fine dell’articolo.

La disforia premestruale era in realtà già presente in appendice nel DSM. Ora, dotato di ufficialità rischia di trasformare qualsiasi variazione dell’umore legato al ciclo mestruale in patologia. La disregolazione dirompente dell’umore invece riguarda i bambini fino ai 18 anni (il cut off cronologico non mi sembra molto convincente né scientificamente fondato) che esibiscono irritabilità persistente ed frequenti episodi di cambio repentino dell’umore, tre o più volte a settimana per più di un anno.

Qualcuno ha definito il DMDD la “sindrome dei capricci”. L’APA afferma di averla introdotta per limitare l’eccesso di diagnosi di Disturbo Bipolare in età infantile. A me sembra che la cura sia peggiore della malattia e che il DMDD seguirà lo stesso destino dell’ADHD.

È poco chiaro il motivo per cui il DMDD sia stato inserito nella categoria dei disturbi depressivi e non, come sembrerebbe più opportuno, nei disturbi bipolari o in quelli del controllo degli impulsi. Stesso discorso per la disforia premestruale che non è caratterizzata principalmente dall’umore depresso quanto, appunto, dalla disforia. Trovo positivo, invece, aver ridefinito la Distimia come Disturbo depressivo persistente. Personalmente avrei preferito l’etichetta Disturbo depressivo di personalità (Depressive Personality Disorder).

Depressione e Lutto

Già diversi mesi prima che venisse pubblicato il DSM-5 diversi giornali hanno lanciato l’allarme:

«D’ora in poi chiunque ha perso una persona cara sarà giudicato depresso».

Le cose non stanno così. Ma non stanno molto meglio, a mio avviso.

Nel DSM-IV-TR veniva specificato che, nel caso si fosse subita una perdita, non si poteva porre diagnosi di Depressione Maggiore prima che fossero passati due mesi. Diversi studiosi negli ultimi anni hanno insistito perché anche dopo i due mesi di lutto la depressione legata alla perdita venisse diagnosticata con un’etichetta di “Lutto complicato” o “Disturbo da dolore prolungato”.

Il DSM-5 da una parte ha accolto questa richiesta introducendo il Disturbo da Lutto Persistente e Complesso nella sezione 3 come oggetto di ulteriori approfondimenti, dall’altra però ha eliminato l’eccezione del lutto: anche se si è subita una perdita si può diagnosticare la Depressione Maggiore. E prescrivere gli antidepressivi, aggiungo io.

Inutile nascondere la testa sotto la sabbia: gli antidepressivi sono tra i farmaci più venduti al mondo. Un giro miliardario per le case farmaceutiche. Non c’è bisogno di attivare il tratto paranoideo e invocare Big Pharma: la depressione e l’ansia sono galline dalla uova d’oro.

Sembra abbastanza singolare quindi che da una parte venga mantenuto il criterio temporale delle 2 settimane (sinceramente troppo poche per poter fare diagnosi di Depressione Maggiore). Dall’altra parte viene abbattuto il criterio esclusivo del lutto. Il combinato disposto ci dà che a 14 giorni dalla morte di un figlio, di un coniuge, di un genitore o di un amico se hai umore depresso, scarsa iniziativa, abulia, apatia, perdita dell’appetito e insonnia puoi essere diagnosticato come depresso. Gli autori giustificano la scelta del DSM-5 dicendo che il lutto dura in media 1-2 anni e che quindi il criterio dei due mesi era fittizio. Sarebbe come togliere un pacchetto di cracker a un affamato perché “tanto non è sufficiente per sfamarti”.

Iperpatologizzazione della vita quotidiana

Se un bambino fa il bambino (si distrae, è irrequieto, fa i capricci, litiga con la sorellina o con gli amichetti, piange etc.) rischia di essere considerato un piccolo malato mentale. È l’effetto interattivo delle diagnosi di ADHD e di DMDD.

Sono sempre stato convinto che anche nel caso della diagnosi di ASD (Disturbo acuto da stress) si patologizzasse una fisiologica reazione allo stress.  Ora, con le modifiche ai criteri della Depressione Maggiore, se dopo 2 settimane dalla perdita della persona cara non si smette di soffrire e di essere tristi si verrà imbottiti di antidepressivi per curare questa grave forma di reazione agli eventi della vita.

Diciamocelo con molta sincerità: già oggi, che è presente l’indicazione di attendere due mesi dal lutto, i medici prescrivono antidepressivi per chi subisce una perdita. Perché la maggior parte degli antidepressivi li prescrivono i medici di base, che il DSM probabilmente non l’hanno neanche letto (e a me è sempre sembrato stupefacente che esistano gli psichiatri ma poi gli psicofarmaci possa prescriverli chiunque…).

Ora che il DSM-5 ha abbattuto questa barriera non penso ci sarà un maggior numero di guarigioni. Non so chi ci guadagna con questa iperpatologizzazione della vita quotidiana, ma di sicuro non sono i pazienti.


dr Christian Giordano

Psicologo Psicoterapeuta, mi occupo principalmente di terapia di Coppia e terapia Sessuale. Esperto in psicodiagnosi e grafologia. Appassionato di saggistica, neuroscienze e letteratura, in particolare filosofia, narrativa, fantascienza e fantasy. Linux user. → Scrivimi per info e consulenze private in studio e via Skype.