Tutti i bambini nascono principi e Vincenti, ma i genitori, l’ambiente e le esperienze possono convincerli di essere Perdenti e rospi.
Il mondo si divide in Vincenti e Perdenti. Alcuni sembrano ottenere con facilità tutto ciò che si prefiggono, altri ottengono solo briciole, nonostante ci mettano tanto impegno.
Come terapeuta mi occupo di adulti e coppie, e nella maggior parte dei casi ho la conferma che le sofferenze e le difficoltà degli adulti, anche quelle sessuali (soprattutto quelle sessuali, sarei tentato di dire) sono dovute agli schemi mentali che si sono costruiti a partire dall’infanzia.
In realtà, spiegava Eric Berne, tutti nasciamo Principi, ma l’ambiente familiare e le esperienze di vita spesso ci convincono di essere dei rospi, cioè dei perdenti. E – statene sicuri – se uno si considera un perdente, nella vita sarà un perdente.
Le difficoltà che viviamo da adulti in ambito relazionale, lavorativo e sessuale sono dovute agli schemi mentali che abbiano costruito a partire dall’infanzia. Per i Perdenti non è sempre facile rintracciare quando e come li hanno convinti di essere rospi. Sento dire spesso:
«Non ho mai avuto traumi da bambino, io».
«I miei non mi hanno mai detto che sarei diventato un perdente, anzi, ci tenevano al fatto che diventassi qualcuno».
È vero, è improbabile che i genitori ci abbiano detto apertamente e consapevolmente che siamo dei perdenti, ma magari abbiamo visto il papà che svalutava, ignorava e sottostimava la mamma o la mamma che ridicolizzava, criticava e sminuiva il papà.
Vederlo è sperimentarlo in prima persona. È a questo che servono i neuroni specchio Per semplificare, un bambino che vede il papà continuamente trattato da perdente e lo sente lamentarsi di essere un perdente si farà l’idea che gli uomini sono perdenti. Mano a mano che crescerà in lui la consapevolezza di essere un uomo si convincerà di essere destinato ad essere un perdente. Ed ecco che il Principe si trasforma in rospo.
Di fronte a scene come quella del video, molti genitori si deresponsabilizzano chiedendosi: «Proprio non capisco dove ha imparato a comportarsi così mio figlio!». In realtà, al netto delle caratteristiche temperamentali, nel 90% dei casi tuo figlio sta trattando gli altri come tu tratti lui.
«Ma non è possibile, noi non l’abbiamo mai sfiorato neanche con un dito! Non lo picchiamo mai, non lo sgridiamo mai». Però magari siete violenti tra voi con spintoni, schiaffi, urla, gesti rabbiosi e minacciosi. Oppure vede come voi trattate le altre persone (fratelli, amici, colleghi, vicini di casa…).
Porte che sbattono, pugni sul muro, stoviglie in frantumi. Non serve che vi facciate un occhio nero o vi accoltellate: se lo gnaulio e il soffiare del gatto è sufficiente per intimorire chi lo minaccia, perché le vostra urla o i gesti bruschi, carichi di ira non dovrebbero spaventare il vostro bambino?
I bambini guardano. Ascoltano. Ricordano. E non sono stupidi.
Meccanismi neuropsicologici dell’interiorizzazione
Come avviene il passaggio da ciò che da bambini abbiamo visto e sperimentato al nostro cervello?
I cuccioli dei mammiferi, e in particolare i cuccioli d’uomo, quando nascono hanno la consapevolezza biologica della propria vulnerabilità e dipendenza: non possono procacciarsi cibo, non possono difendersi dalle intemperie e dai predatori. È quindi di vitale importanza che mantengano la prossimità degli adulti (Bowlby lo chiama “attaccamento“). Non avendo un libretto delle istruzioni, interagiscono con l’ambiente che li circonda e apprendono che alcuni comportamenti funzionano e altri no. Quelli che funzionano verranno reiterati fino a farle diventare strategie più o meno rigide per ottenere affetto, legame, amore, protezione, prossimità e cura.
Gli schemi appresi nei primi 5-10 anni di vita si imprimono in modo più forte perché ogni esperienza per il bambino è nuova e fonte di intense reazioni emotive. È in questi anni che si costruisce l’architettura del nostro cervello, rafforzando alcune sinapsi (potenziamento a lungo termine) e eliminandone altre (pruning) in base agli stimoli ambientali. Ogni volta che si attiva una popolazione di neuroni si crea una memoria – un po’ come quando si suonano contemporaneamente più note e si ha un accordo (vedi la Legge di Hebb). Gli “accordi” nel nostro cervello sono miliardi. Alcuni hanno un peso maggiore di altri, dovuto al grado di importanza e alla frequenza con cui quegli accordi vengono ripetuti.
Il meccanismo dei neuroni specchio ci mostra che un’azione è mimata a livello sinaptico da chi la vede, soprattutto se è emotivamente saliente. È come se guardando e ascoltando scene di aggressività (o trascuratezza, svalutazione, biasimo etc.) il cervello del bambino ripetesse le scene più e più volte, come un attore. E proprio come un bravo attore, più volte ripete la scena più sarà bravo a metterla in pratica per tutta la vita.
Meccanismi psicologici dell’interiorizzazione
I modi di reagire dal punto di vista emotivo, cognitivo e comportamentale che vengono stampati nel nostro cervello da piccoli subiscono poche variazioni e caratterizzano le nostre esperienze di adulti. Anche se tendiamo a dimenticarlo, il nostro “stile” comportamentale è fondamentalmente simile a quello che avevamo da piccoli (e in parte simile a quello dei nostri genitori, come abbiamo visto).
Eric Berne la definiva “programmazione genitoriale”, perché sottolineava il fatto che il nostro destino di principi o rospi è in qualche modo stato immesso nella nostra psiche dai nostri genitori. (Oggi sappiamo che i bambini hanno un ruolo un po’ più attivo rispetto alla costruzione di questi schemi mentali).
Ciò è avvenuto grazie ai messaggi palesi – ad esempio gli slogan: “Chi fa da sé fa per tre”, “Quando ottieni qualcosa è solo il tuo dovere”, “Le donne sono tutte perfide” etc – e ai messaggi subliminali, fatti di atteggiamenti, espressioni del viso, esempi. Queste memorie si stratificano nella nostra psiche e da grandi diventano schemi emotivi, comportamentali e cognitivi interiorizzati chiamati Stati dell’Io e organizzati in un Copione.
Lorna S. Benjamin la definisce “Processo di copia”: un primo processo con cui interiorizziamo le figure dei genitori è quello della identificazione, per cui il bambino imita il comportamento e l’atteggiamento delle persone per lui importanti. Da adulto continuerà ad avere gli atteggiamenti, le modalità di gestire le situazioni, il tono di voce che avevano i genitori con lui.
Ma non c’è solo l’imitazione: da bambini impariamo a trattare noi stessi come gli altri ci hanno trattati. Se ci hanno detto che siamo incapaci e idioti, continueremo a dirci per tutta la vita che siamo idioti e incapaci e a comportarci come idioti e incapaci. Oppure, se siamo cresciuti in un ambiente molto trascurante, tenderemo a trascurarci. Se nessuno si è preso cura di noi, noi non ci prenderemo cura di noi stessi. Questo processo di copia viene chiamato dalla Benjamin interiorizzazione.
Implicazioni per la psicoterapia e il cambiamento
La responsabilità dei genitori è enorme. Ma i fantasmi che il bambino interiorizza non dipendono tutti da mamma e papà. Il nostro destino è deciso anche dai fratelli, dalle zie, da amici di famiglia, dalla maestra dell’asilo, il parroco, il capo scout, il cantante preferito, l’eroe dei fumetti… da chiunque abbia avuto influenza su di noi. Noi siamo il frutto delle nostre relazioni, soprattutto di quelle che si sono stampate nel nostro cervello nei primi anni di vita (periodo finestra). Lorna Benjamin si riferisce a tutti loro usando la sigla I.P.I.R. (Rappresentazioni Interiorizzate delle Persone Importanti), un po’ meno calorosa di “genitori”, ma sicuramente più precisa.
Ciò significa che nella nostra testa ci sono i “fantasmi” di tutte le relazioni che abbiamo vissuto. Alcune saranno negative, altre positive, alcune costruttive altre distruttive. Alcune, come abbiamo visto, avranno un forte peso dettato dalla prossimità, dall’importanza e dalla frequenza, altri saranno più periferiche.
Se oggi siamo dei Perdenti, però, non è dovuto solo al nostro passato. Le decisioni che prendiamo di giorno in giorno possono rafforzare il copione da rospi o far riemergere dall’ombra il copione da Principi (ricordate che all’inizio avevamo detto che tutti nasciamo Principi?).
Il nostro destino è nelle nostre mani. Non è semplice iniziare a vedere noi stessi come Vincenti se per tutta la vita ci siamo convinti di essere perdenti.
Nel corso di una psicoterapia con diverse tecniche possiamo però dare energia alle memorie positive, alle figure affettuose, benevole ed equilibrate che abbiamo vissuto, agli schemi adattivi che abbiamo interiorizzato aumentandone gradualmente il peso fino a sostituire gli Stati dell’Io disfunzionali. Cambiare il nostro copione e scegliere che persone vogliamo essere si può.
In altre parole, non tutti gli schemi emotivi, cognitivi e comportamentali che abbiamo interiorizzato hanno la stessa probabilità di essere attivati. Alcuni hanno un peso maggiore perché derivano da esperienze molto intense. Altri perché sono stati ripetuti molte volte. I pesi possono variare nel tempo in base a nuove esperienze
Meccanismi psicologici dell’interiorizzazione
I modi di reagire dal punto di vista emotivo, cognitivo e comportamentale che vengono stampati nel nostro cervello da piccoli subiscono poche variazioni e caratterizzano le nostre esperienze di adulti. Anche se tendiamo a dimenticarlo, il nostro “stile” comportamentale è fondamentalmente simile a quello che avevamo da piccoli (e in parte simile a quello dei nostri genitori, come abbiamo visto).
Eric Berne la definiva “programmazione genitoriale”, perché vedeva che ciò che siamo da adulti, il nostro destino di principi o rospi, di vincitori o perdenti, è in qualche modo stato immesso nella nostra psiche dai nostri genitori. Ciò è avvenuto grazie ai messaggi palesi – ad esempio gli slogan: “Chi fa da sé fa per tre”, “Quando ottieni qualcosa è solo il tuo dovere”, “Le donne sono tutte perfide” etc – e ai messaggi subliminali, fatti di atteggiamenti, espressioni del viso, esempi. Queste memorie si stratificano nella nostra psiche e da grandi diventano schemi emotivi, comportamentali e cognitivi interiorizzati chiamati Stati dell’Io e organizzati in un Copione.
Lorna S. Benjamin la definisce “Processo di copia”: un primo processo con cui interiorizziamo le figure dei genitori è quello della identificazione, per cui il bambino imita il comportamento e l’atteggiamento delle persone per lui importanti. Da adulto continuerà ad avere gli atteggiamenti, le modalità di gestire le situazioni, il tono di voce che avevano i genitori con lui.
Ma non c’è solo l’imitazione: da bambini impariamo a trattare noi stessi come gli altri ci hanno trattati. Se ci hanno detto che siamo incapaci e idioti, continueremo a dirci per tutta la vita che siamo idioti e incapaci e a comportarci come idioti e incapaci. Oppure, se siamo cresciuti in un ambiente molto trascurante, tenderemo a trascurarci. Se nessuno si è preso cura di noi, noi non ci prenderemo cura di noi stessi. Questo processo di copia viene chiamato dalla Benjamin interiorizzazione.
Implicazioni per la psicoterapia e il cambiamento
La responsabilità dei genitori è enorme. Ma i fantasmi che il bambino interiorizza non dipendono tutti da mamma e papà. Mentre Berne parla di “Genitore” (ma nei suoi libri spiega che si riferisce anche ai nonni, fratelli etc.), la Benjamin usa la sigla IPIR (Rappresentazioni Interiorizzate delle Persone Importanti), un po’ meno calorosa ma più precisa.
In altre parole, il nostro destino è deciso non solo dai genitori ma anche dai fratelli, dalle zie, da amici di famiglia, dalla maestra dell’asilo, il parroco, il capo scout, il presentatore tv preferito, l’eroe dei fumetti… da chiunque abbia rivestito un ruolo importante per noi. Noi siamo il frutto delle nostre relazioni, soprattutto di quelle che si sono stampate nel nostro cervello nei primi anni di vita (periodo finestra).
Postilla. Ormai l’argomento “Pericolo Gender” è passato di moda come la Balena Blu (Blue Whale), l’influenza aviaria e l’Idrolitina. Credo sia comunque utile notare che non importa di quale sesso siano i genitori: il bambino apprende la gentilezza o la violenza, il biasimo o l’accoglienza dagli adulti che lo circondano, senza indagare su ciò che si nasconde sotto le loro mutande.
Ciò significa che nella nostra testa ci sono i “fantasmi” di tutte le relazioni che abbiamo vissuto, alcune saranno negative, altre positive, alcune costruttive altre distruttive.
Non tutte hanno lo stesso peso, ovviamente.
Come abbiamo visto, il peso maggiore è dettato dalla prossimità, dall’importanza e dalla frequenza. Se il nostro Copione perdente e i nostri schemi di comportamento disfunzionali derivano dai genitori, dai nonni o dai fratelli hanno un peso molto più grande e sono quindi più difficili da modificare.
Nel corso di una psicoterapia con diverse tecniche possiamo però dare energia alle memorie positive, alle figure affettuose, benevole ed equilibrate che abbiamo vissuto, agli schemi adattivi che abbiamo interiorizzato aumentandone gradualmente il peso fino a sostituire gli Stati dell’Io disfunzionali.
Non siamo destinati a replicare il Copione dei genitori. Possiamo scegliere.
