Da alcuni anni circola una email che invita ad aggiungere nella rubrica del proprio telefono cellulare un “numero ICE”. Utilizzando questo nome, potremmo indicare a infermieri, operatori delle ambulanze, carabinieri, pompieri o soccorritori quale numero vorremmo che venisse contattato in caso di emergenza.

Poiché una delle patologie della società contemporanea è la paranoia, subito alcuni hanno pensato ad una truffa o ad un non meglio precisato disegno criminoso: come mai vogliono farci inserire nella rubrica il nome “ICE”? È una macchinazione dei gestori telefonici per sottrarci di nascosto il credito? Serve ai governi o ai servizi segreti per controllarci? È un disegno occulto delle lobby, della massoneria o degli extraterrestri per manipolarci?

Un certo grado di circospezione e di sospettosità è salutare e anzi è necessario: avere un atteggiamento eccessivamente fiducioso e vedere tutto rosa come Pollyanna ci espone ai tanti (veri) truffatori che circolano nella nostra società. In questo caso però si tratta di un’iniziativa disinteressata. Spiega wikipedia:

Il programma ICE (In Caso di Emergenza – In Case of Emergency) è stato concepito dal paramedico Bob Brotchie nel maggio 2005. L’idea dietro a questo programma è di permettere ai primi soccorsi (soccorritori, vigili del fuoco, polizia) di identificare le persone e di contattare i loro parenti prossimi per ottenere informazioni mediche.

Critiche all’uso del numero ICE
Il noto giornalista “antibufale” Paolo Attivissimo ha sbeffeggiato questa iniziativa facendo sue le critiche di Hoaxbuster, un sito antibufale francese: il cellulare potrebbe essere spento, bloccato, scarico o si potrebbe essere rotto; i soccorritori non sanno accedere alla rubrica di ogni modello di cellulare; sarebbe una violazione della privacy; la sigla ICE ha senso soltanto in inglese.
Alcune obiezioni sono giuste: se si ha un incidente il cellulare si può rompere o smarrire, se si è stati vittima di una rapina possono averlo rubato, o più semplicemente potremmo averlo dimenticato a casa. Le altre argomentazioni sinceramente mi sembrano molto forzate: accedere alla rubrica è piuttosto intuitivo in tutti i cellulari e se è necessario avvisare i parenti, in qualche modo dovranno comunque “violare la vostra privacy”.

È piuttosto curioso che lo stesso Paolo Attivissimo nel 2005 aveva invitato i propri lettori ad utilizzare il numero ICE per essere identificati in caso di incidente e per poter allertare i familiari:

“Il consiglio è di usare come voce standard la sigla ICE (In Case of Emergency, ossia “in caso di emergenza”). L’idea è di un paramedico dell’East Anglia, Bob Brotchie. È un piccolo gesto che può essere molto utile.”

Due anni dopo, leggendo il post in cui ridicolizzava l’uso di ICE, alcuni suoi lettori sono rimasti perplessi:

Pensa che io sono circa due anni che ho il numero di mia moglie memorizzato sotto “ICE”, dopo averlo letto qui.

A quel punto Attivissimo ha aggiunto un avvertimento nel vecchio post del 2005 per avvertire che sconsigliava di seguire il suo consiglio.

Al di là delle critiche sterili, il numero “ICE” serve a qualcosa?
È chiaro che affidarsi solo al cellulare serve a poco. E, soprattutto, nella maggior parte dei casi ai soccorritori non serve tanto sapere chi chiamare ma avere alcuni dati sanitari fondamentali: il gruppo sanguigno, particolari patologie (diabete, cardiopatia, epilessia, allergie…), informazioni su eventuali cure farmacologiche in corso o particolari disturbi psicologici. Inoltre, finché non diventerà uno standard, penso che a pochi soccorritori verrebbe in mente di cercare il “numero ice”.

Quando si subisce un trauma grave non è raro che la persona abbia dei sintomi dissociativi come l’amnesia, il disorientamento, la confusione e lo stordimento (se avete visto il film “La finestra di fronte” avete un ottimo esempio cinematografico di Disturbo da stress post-traumatico). Se trovassimo una persona in queste condizioni cosa faremmo? Innanzitutto va detto che per una persona che ha appena subito un trauma questi sintomi di “numbing” (annebbiamento) sono del tutto naturali e nella maggior parte dei casi si risolvono entro poche ore. Il Pronto Soccorso o il 112 se hanno necessità di identificare la persona priva di documenti in genere chiamano l’ultimo numero presente in rubrica o un nome che indichi un legame di parentela (mamma, zia…). Ciò può avere alcuni svantaggi: non è detto, infatti, che il paziente vorrebbe che fosse avvisata proprio quella persona. Magari si tratta di qualcuno con cui ha un rapporto conflittuale (la ex moglie, il capoufficio, amici con i quali ha litigato da anni etc.) e che ha mantenuto in rubrica solo per sapere a chi non rispondere. In questi casi il “numero ice” sarebbe vantaggioso. Ma, ripeto, quanti poliziotti o infermieri andrebbero a cercarlo?

Stando a quello che suggeriscono gli stessi operatori di soccorso, penso che sarebbe molto più utile avere una medaglietta con inciso il gruppo sanguigno ed eventuali patologie gravi. Le stesse informazioni, poi, possono essere riportate in un cartoncino plastificato da tenere nel portafogli. Lì potete segnalare anche i vostri “numeri ice”, cioè le persone da contattare in caso di emergenza. Se poi volete inserire i “numeri ice” anche nel cellulare, di sicuro non vi può fare alcun male.

Un piccolo esercizio di consapevolezza
Prendete carta e penna e chiedetevi: “Chi vorrei avere accanto nel caso in cui mi sentissi male?”. Segnate 20 nomi partendo dal più importante e scrivete accanto ad ogni nome tre aggettivi che indicano perché avete scelto quella persona. Se fate difficoltà ad andare oltre il terzo o a trovare gli aggettivi, può essere un’ottima occasione per riflettere sulla qualità delle vostre relazioni.


dr Christian Giordano

Psicologo Psicoterapeuta, mi occupo principalmente di terapia di Coppia e terapia Sessuale. Esperto in psicodiagnosi e grafologia. Appassionato di saggistica, neuroscienze e letteratura, in particolare filosofia, narrativa, fantascienza e fantasy. Linux user. → Scrivimi per info e consulenze private in studio e via Skype.