È curioso, ma le tecnologie si sono radicate così profondamente nelle nostre abitudini che facciamo fatica a ricordarci com’era la vita senza computer e senza cellulare.

RACCONTI

Io ricordo che quando ero piccolo c’erano:

  • le cabine telefoniche con i gettoni e il cambiamonete grigio con il pomellone di plastica giallo
  • i telefoni con il selezionatore a disco, che ti si incastravano le dita dentro
  • la SIP, unico gestore e monarca assoluto delle comunicazioni
  • le telefonate urbane e interurbane
  • i numeri di quattro o cinque cifre
  • i gettoni telefonici
  • i lucchetti sullo zero messi dalle mamme per non farti fare telefonate extraurbane

Poi venne l’era del telefono con i tasti e messo lì, sul tavolinetto all’ingresso, sembrava quasi di stare sulla plancia dell’Enterprise. Anche se dubito che il signor Spock e il capitano Kirk avrebbero piazzato un centrino sotto la strumentazione di bordo.

Nelle nostre case, invece – nelle case di chi è cresciuto negli anni ’70/’80, intendo – la radio, la TV, il telefono e qualsiasi altro apparecchio elettronico erano immancabilmente poggiati su un centrino. Fatto a mano, chiaramente. In genere il centrotavola era un regalo della nonna o di una vecchia zia o della cugina bruttina destinata alla zitellaggine già dall’età di 11 anni.

Poiché le dimensioni degli apparecchi elettronici erano piuttosto voluminose (per intenderci: con 15 televisori LED di oggi ci facevi una Sinudyne di allora), spesso veniva messo un centrino anche sopra all’apparecchio, magari ingentilito con un vaso di fiori secchi, qualche spiga d’argento ricordo di una cresima o la classica cornice in silverplated con foto del figlio quattrenne con capelli a caschetto stile Nicholas Bradford e salopette dal colore inguardabile (a imperitura umiliazione del soggetto).

Poi venne il cordless. Che già a dire il nome ti sentivi tecnologico. “Ho un cordless”. Ma la maggior parte lo chiamava “telefonosenzafili” o, per gli amici, il “portatile”.
Alcuni modelli più avanzati ti permettevano di portare il senzafili anche al bar, a patto che il bar si trovasse di fronte casa e non fossero frapposti ostacoli.
Figuratevi che si poteva rispondere al telefono addirittura in cantina, stando comodamente seduti in giardino o mentre si prendeva il caffè nel salotto della vicina di casa! O almeno questo è ciò che dicevano le pubblicità. E le pubblicità – lo apprendevamo proprio in quegli anni – dicono sempre la verità.

Non che ci fosse molto da rispondere, in verità: le chiamate costavano moltissimo e più la persona da chiamare era lontana, più pagavi. E comunque la maggior parte delle persone con le quali avresti voluto parlare le vedevi quotidianamente, non c’era molto da doversi raccontare. Il telefono serviva giusto se avevi parenti “al Sud”, per le emergenze diocenescampi o se avevi 15 anni e ti sdraiavi sul letto supina ciondolando con le gambe e giocando col filo del telefono per chiacchierare con il tuo fidanzato come nel Tempo delle Mele.

La comparsa dei primi telefoni cellulari segnò l’anticamera della conquista dell’Universo.
Erano ingombranti, pesantissimi, la batteria durava pochi minuti, la presenza del segnale era più un atto di fede che una reale possibilità, ma a tutti noi che venivamo dall’era del telefono a disco vedere un cellulare sembrò il segno inequivocabile che di lì a poco

  • avremmo colonizzato Marte
  • avremmo potuto viaggiare nel tempo grazie a strane cabine telefoniche inglesi
  • avremmo fatto l’amore con affascinanti donne aliene dalle strane sopracciglia pointiniste, come preconizzato in Spazio 1999

In realtà, avremmo scoperto presto che le sopracciglia di Maya erano nulla in confronto al look di Patsy Kensit, di David Bowie e di Madonna. Va anche detto che il cellulare, inizialmente, non si chiamava cellulare, ma “telefonino”. Fino ad allora, infatti, la parola “cellulare” indicava un furgone della polizia.

Con la comparsa dei cellulari iniziarono anche le nevrosi da cellulare: gente con le occhiaie e l’aria distrutta che si lamentava di non vivere più da quando aveva il telefonino e di esserne schiava ma, se gli si ventilava la soluzione di spegnerlo, inorridiva e scappava via spargendo acqua santa; gente che si piantava a gambe aperte in mezzo alla piazza o al centro dei negozi parlando ad alta voce e ridendo rumorosamente solo per far vedere che erano tra i pochi eletti possessori di cellulare (in realtà fingevano: non c’era campo lì).

Poi è venuta la mania della cover, la rincorsa dell’ultimo modello, gli mms, gli smartphone… ma questa è storia contemporanea.


dr Christian Giordano

Psicologo Psicoterapeuta, mi occupo principalmente di terapia di Coppia e terapia Sessuale. Esperto in psicodiagnosi e grafologia. Appassionato di saggistica, neuroscienze e letteratura, in particolare filosofia, narrativa, fantascienza e fantasy. Linux user. → Scrivimi per info e consulenze private in studio e via Skype.